Valdagno Forest: diamo nuova fibra allo sviluppo economico locale
Valdagno è ricoperta per più della metà del suo territorio da boschi.
Con i suoi 2.600 ettari, la gestione responsabile del nostro patrimonio forestale può rappresentare un importante fattore di sviluppo economico ed innovazione del nostro territorio.
Impegnandoci a pensare ed attuare, in armonia con i tempi della natura, politiche territoriali di lungo termine e di grande visione.
Ci sono volte in cui le risposte alle domande più complesse riposano da tempo attorno a noi, davanti ai nostri occhi.
Potrebbe essere questo il caso dei nostri boschi, che a Valdagno si estendono per 2.600 ettari di superficie forestale1 e ricoprendo così più della metà del territorio.
Composto da 19 diverse tipologie di alberi2 l’insieme di questi boschi rappresenta una dimensione ragguardevole che, considerata nel suo insieme ed in armonia con la città, potremmo definire una foresta urbana.
La capacità e la prossimità di questo patrimonio ci può dunque indurre a riflettere sul significato e le opportunità rappresentate dalla coesistenza tra la comunità valdagnese e la natura circostante, non solo in termini di cura e rispetto dell’ambiente ma anche sulle opportunità di lavoro e sviluppo economico che potrebbero generarsi attraverso una gestione responsabile del bosco.
Una gestione necessaria in quanto la riforestazione, che dal 1936 ad oggi ha quasi raddoppiato la superficie forestale in Italia evidenziandosi anche a Valdagno, ci presenta delle sfide come ad esempio fenomeni di dissesto idrogeologico causati non da pratiche di deforestazione ma dalla mancata manutenzione, oppure gli incendi, che prendono piede più facilmente grazie alle caratteristiche delle foreste di neoformazione, spesso circondate da un manto vegetale basso di arbusti che rappresenta una facile esca3.
Alla scoperta di una risorsa poco conosciuta: i boschi
Secondo le conclusioni che lo scrittore Ferdinando Cotugno4 ha tratto nel suo libro Italian Wood, edito da Mondadori nel 2020, il bosco può essere inteso “come una comunità: cresce finché può, raggiunge un livello ottimale e poi collassa, si aprono delle radure e da quelle radure la natura riparte, ricomincia a edificare. Una gestione attiva e responsabile da parte nostra permette di intervenire prima che arrivi il collasso, con tutta la distruzione che rischia di portare e che è innanzitutto un fatto umano, soprattutto in un paese antropizzato come è l’Italia”.
Cogliendo lo spirito di interdipendenza proprio di questa visione, può dunque risultare utile anche per Valdagno progettare una politica forestale capace di legare virtuosamente gli aspetti di tutela e salvaguardia dell’ambiente con i mezzi che possono venire offerti dalla ricerca di un nuovo sviluppo economico per il territorio.
Sempre secondo Cotugno, l’economia forestale può suddividersi oltre alla manutenzione in tre tipi di attività: la lavorazione del legname, la produzione della carta e l’energia.
In ciascuno di questi settori è possibile notare la contraddizione tra gli operatori industriali che si rivolgono in gran parte all’estero per l’approvvigionamento delle materie prime e l’aumento costante e selvaggio della superficie forestale italiana.
Nel campo dell’energia, quasi il 25% delle famiglie italiane utilizza legna da ardere o pellet per riscaldare la propria casa. Famiglie che spesso risiedono nelle aree rurali, come le contrade di Valdagno. Sempre nel novero delle biomasse vegetali rientra il cippato, più economico ma anche più difficile da trasportare ed immagazzinare e pertanto utilizzato nelle cosiddette centrali di bioriscaldamento come quella presente a Valdastico5. In tutti questi casi, l’Italia presenta una bilancia commerciale fortemente sbilanciata verso l’importazione, considerato che l’85% del pellet utilizzato in Italia arriva dall’estero6, e che risultiamo il primo importatore mondiale di legna da ardere ed il quarto per il cippato.
Il settore della carta, presenta invece in Italia un importante presenza delle imprese che si collocano a valle della filiera, ovvero le cartiere. In queste aziende, che nel nostro Paese sono circa 200, contano l’1,9% del PIL ed occupano 197.000 addetti7, si cura la fase finale del processo di trasformazione, ovvero la produzione di fogli di carta e degli imballaggi a partire dalla cellulosa semilavorata, che origina in gran parte dalla pasta di legno e poi da altre materie prime come la carta riciclata. Per quanto riguarda invece una connessione più diretta con l’economia forestale a monte della filiera, sono attualmente poche le imprese che in Italia si occupano della produzione delle cosiddette paste di cellulosa utilizzando legname italiano.
Tra queste è senza dubbio interessante menzionare il caso della Sicem Saga di Reggio Emilia, collocata nel cuore della Pianura Padana notoriamente ricca di pioppi, e che con un approccio votato alla ricerca utilizza il legno di scarto di pioppo derivante dalle segherie e dalle fabbriche di compensato del Nord Italia8.
Infine, anche nella filiera della lavorazione del legname, è evidente la contraddizione tra una superficie forestale nazionale in continua crescita selvaggia ed una grande dipendenza dalle importazioni. Secondo quanto riportato recentemente dal Sole 24 Ore9, l’80% della materia prima lavorata dall’industria dell’arredo-legno italiana è infatti di importazione.
L’orologio del bosco per una politica di lungo termine
Per poter imbastire, anche a Valdagno, una politica economica forestale è fondamentale impostare le progettualità della nostra comunità su degli orizzonti temporali più lunghi rispetto a quelli propri dalle scadenze elettorali.
Le piante che possono infatti considerarsi parte di un sistema di bioeconomia circolare hanno cicli di vita che vanno dai 3 ai 40 anni, e si possono suddividere in tre grandi categorie che corrispondono a specifici usi del legno.
Il legno delle piante a ciclo brevissimo (3-7 anni) sono ad esempio pioppi, robinie, platani e noccioli e vengono solitamente utilizzate per la produzione di biomasse.
Alla produzione delle paste di legno per l’industria cartaria sono destinate invece le piante a ciclo breve (8-12 anni), e corrispondono a cloni di pioppo e pioppo bianco.
Gli alberi di latifoglie, come ad esempio il ciliegio, il noce, il faggio o il castagno, hanno cicli di vita medio-lunga (30-40 anni) e vengono principalmente impiegati come segati e tranciati di legno per l’industria delle costruzioni e dell’arredo.
Seguendo questa tripartizione, stanno dunque prendendo piede in Italia progetti di piantagioni policicliche, come ad esempio quello promosso dalle Cartiere Carrara10 o dalla Rete Rurale Nazionale11 del Ministero delle Politiche Ambientali e Forestali.
Grazie alla consociazione di più specie, questa tipologia di bosco artificiale consente di raggiungere la capacità produttiva tipica delle piantagioni pure, tutelando la biodiversità dell’ecosistema e la tenuta del suolo. Il modello delle piantagioni policicliche rappresenta dunque un possibile punto di equilibrio tra benefici ambientali ed economici, considerato anche che le foreste gestite sono molto più efficaci nell’assorbimento della CO212.
Valdagno Forest: un progetto per lasciare ai nostri figli una città più verde e più viva
Affinché Valdagno possa abbracciare una nuova stagione di sviluppo economico legata alla tutela e la valorizzazione del proprio patrimonio forestale, è importante costruire una strategia forestale del territorio matura e consapevole sia dell’opportunità e della necessità di investire nella gestione dei nostri boschi, che del rispetto dell’equilibrio ambientale di cui ogni nostra azione, anche l’incuria, è parte.
Una buona strategia forestale dovrebbe quindi basarsi sul paradigma di una sostenibilità a 360°: economica, sociale ed ambientale.
Provando dunque a riassumere le analisi e le istanze dei diversi stakeholders di un simile progetto, le politiche forestali di Valdagno potrebbero curare quattro aspetti:
- Proprietà e Gestione Forestale: una delle principali cause di inazione del nostro Paese sul tema forestale è rappresentato dalla frammentazione delle proprietà boschive. Affinché un bosco possa essere gestito in modo economicamente sostenibile deve avere una dimensione minima di 200 o 300 ettari. Nel nostro Paese invece le singole proprietà fondiarie sono solitamente molto più piccole, in quanto tramandate attraverso le successioni ereditarie di generazione in generazione per quote divise. A tal fine, sarebbe importante seguire l’esempio di altri paesi europei come la Francia dove è frequente la nascita di consorzi forestali, anche a partecipazione mista pubblico-privata, capaci di aggregare più lotti boschivi e di organizzare una gestione comune. In questo senso potrebbe dunque realizzarsi una coalizione di cittadini, imprese ed enti locali al fine di censire le proprie proprietà boschive non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi e gettare le basi per una nuova economia forestale.
- Infrastrutture Forestali: considerata la natura collinare della nostra superficie forestale, è importante indirizzare una parte degli investimenti pubblici verso l’accessibilità al bosco, a supporto delle imprese e dei lavoratori che si occupano della cura, del taglio e della messa a bordo strada del legno.
- Filiere Produttive: le politiche forestali dovrebbero poi intrecciarsi con quelle per lo sviluppo economico e territoriale, considerando non solo la possibilità di sviluppare comunità energetiche che accanto al fotovoltaico e l’idroelettrico prevedano impianti ecosostenibili e di ultima generazione per l’utilizzo ad emissioni quasi zero delle biomasse, ma anche misure per incentivare l’insediamento di imprese che operano nei settori della lavorazione del legname, dell’arredo-legno e della carta.
- Finanza: la natura necessariamente ecologica e partecipativa dell’economia forestale, rende il nostro territorio particolarmente idoneo sia ad attrarre grandi investimenti internazionali che ad abbracciare strumenti finanziari innovativi come il crowdfunding. Secondo Pictet, una delle più importanti banche di investimento al mondo, l’economia del legno si sta imponendo sempre di più davanti all’attenzione degli investitori non solo per la facile connessione con gli obiettivi dell’agenda climatica, ma anche considerata l’accelerazione nel cambiamento delle abitudini delle persone a seguito della pandemia, con importanti ricadute sull’industria del packaging e dell’edilizia ecosostenibile. A livello microeconomico invece, lo sviluppo di un consorzio forestale locale ed il mutamento di percezione sulle proprietà boschive da gravame a patrimonio, potrebbe favorire l’apporto di piccoli investimenti green legati al territorio da parte delle piccole e medie imprese e dei privati cittadini.
Dall’unione di tanti piccoli boschi, Valdagno può dunque realizzare non solo una gestione più attenta e virtuosa del proprio patrimonio ambientale, ma anche dare avvio ad una nuova stagione di sviluppo economico e territoriale.
Marco Mari
32 anni, è co-fondatore ed amministratore delegato di Italia Innovation, società che si occupa di ricerca applicata ed alta formazione per lo sviluppo dell’economia manifatturiera.
E’ stato responsabile per l’innovazione digitale e creativa di Domori, azienda appartenente al Polo del Gusto – Gruppo illy, e direttore creativo in Fabrica, centro di ricerca del Gruppo Benetton.
Si è laureato in Scienze Giuridiche presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sta attualmente conseguendo un Master in Relazioni Internazionali presso l’Università di Harvard.
note e riferimenti
1. Comune di Valdagno, Piano di Assetto del Territorio Intercomunale 2014, Relazione Dott.ssa Lisanna Peserico
2. Regione del Veneto, Carta Forestale Regionale
3. Prof. Pietro Piussi, Boschi di neoformazione in Italia, Rapporto Rete Rurale Nazionale 2014-2020, Ministero Politiche Agricole e Forestali
4. Ferdinando Cotugno, Italian Wood – Alla scoperta di una risorsa che non conosciamo, i nostri boschi, Mondadori 2020
5. Comune di Valdastico, Relazione su impianto di teleriscaldamento a cippato di legno, Energy Day 2014
6. Dati European Pellet Council
7. Dati AssoCarta, Confindustria
8. F. Fontanesi, Lampoon Magazine, Industria Cartaria Italiana: più artigianalità che cellulosa, 13 Dicembre 2021
9. G. Mancini, Il Sole 24 Ore, Industria del legno senza materia prima: serve il blocco dell’export di tronchi dalle Ue, 22 Marzo 2022
10. Cartiere Carrara, sito internet
11. F. Pelleri, CREA, Piantagioni policicliche e sistemi agroforestali, sito internet Veneto Agricoltura
12. Pictet Timber, A negative CO2 contributor and an inflation edge, sito internet, Aprile 2021