Ask what you can do.

60 anni fa Valdagno incontrava John Fitzgerald Kennedy, un Presidente il cui messaggio può ancora illuminare il futuro della nostra comunità.

17 Maggio 1963, Washington DC. Il Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy (al centro sul podio) incontra i cittadini di Valdagno, guidati dal Conte Giannino Marzotto (di fronte a sinistra di JFK). Credits: Abbie Rowe. White House Photographs. John F. Kennedy Presidential Library and Museum, Boston

di Marco Mari
04 Luglio 2023

Valdagno è una città piccola con una grande storia, un passato che rende certamente difficile il confronto con il presente, ma che può offrirci ottimi spunti di riflessione per ciò che potrà essere il nostro futuro.

Uno di questi stimoli mi è arrivato in maniera inaspettata al mio arrivo a Boston qualche giorno fa, la città dove è cresciuto John Fitzgerald Kennedy, uno dei Presidenti degli Stati Uniti che hanno maggiormente lasciato il segno nella cultura politica occidentale e che, come forse pochi ricordano, pochi mesi prima della sua tragica scomparsa, incontrò nel colonnato della Casa Bianca una delegazione di cittadini valdagnesi capitanata dal Conte Giannino Marzotto nell’ambito del suo memorabile Incontro Club.

Kennedy è stato un Presidente che in pochi anni di mandato è riuscito, con i suoi discorsi e le sue decisioni, a proiettare il futuro della propria comunità e talvolta dell’umanità verso obiettivi più grandi di quelli dettati dalla contingenza. E, tra le sue più importanti citazioni, credo che in questo momento possa essere significativo per la nostra comunità ricordarne una: ‘ask not what your country can do for you – ask what you can do for your country’ espressa nel momento dell’inaugurazione del suo mandato.

A poco più di due mesi dalla giornata del 15 Aprile, questa frase può servirci a fare un passo avanti rispetto al riconoscimento di ciò che di meglio Valdagno può già offrire, invitandoci a lavorare anche per una trasformazione del nostro territorio e creando, proprio a partire da questo patrimonio, le nuove opportunità su cui poter basare un futuro prospero per la nostra comunità.

Cosa sta succedendo, e cosa può ancora accadere

Qualche giorno dopo l’evento Where do we go from here?, più di 40 persone si sono presentate all’incontro in cui gli organizzatori si erano dati appuntamento per discutere come poter dare seguito a quanto emerso.

Un interesse straordinario, un segnale per la nostra comunità probabilmente ancora più significativo rispetto alla stessa partecipazione all’evento, e da cui sono emersi in modo spontaneo da parte dei cittadini diversi tavoli di confronto, che vanno dalla progettazione sociale ad iniziative politico-elettorali.

Per me, é stato senza dubbio molto bello ascoltare ed assistere all’avvio di queste iniziative spontanee, soprattutto considerato l’interesse dimostrato da alcuni di impegnarsi in prima persona anche politicamente – coerentemente con il messaggio di Kennedy ed in vista delle prossime elezioni amministrative che si terranno tra poco meno di 12 mesi.

Affinché la politica possa veramente risultare come strumento di cambiamento sociale e non di mera affermazione personale, è tuttavia importante che a Valdagno maturi una nuova stagione di impegno in cui coalizioni alternative di persone e forze politiche possano esprimere tra loro anche una competizione di idee per il futuro della città. Anche ad esempio prendendo una posizione rispetto ai risultati ed i progetti che rappresenteranno il lascito dell’attuale amministrazione, al termine del cui mandato si compiranno 29 anni di governo del centro-sinistra nella nostra città.

Questi 29 anni rappresentano un indicatore di consenso ragguardevole, ma possono essere anche letti come il sintomo di una cultura politica stagnante specie considerando che prima di questo periodo la Democrazia Cristiana ha espresso la guida delle nostre amministrazioni per i precedenti 49 anni.

Tutto ciò significa che nell’intera storia repubblicana del nostro comune, dal dopoguerra ad oggi, Valdagno ha conosciuto amministrazioni di due soli segni politici che – tra l’altro – non sono nemmeno considerabili pienamente alternative l’una all’altra visto come all’interno delle liste civiche in questi anni sono stati presenti protagonisti della stagione politica precedente.

Se dovessimo dunque analizzare la vitalità democratica del nostro comune come ogni anno l’Economist fa con gli Stati, Valdagno non uscirebbe certamente come un esempio di competitività ed alternanza dei soggetti politici – elementi che, in una fase storica in cui la nostra città non può più vantare la presenza di fattori di crescita ed innovazione privati come era un tempo la Marzotto, farebbero certamente bene al futuro di Valdagno.

Per questa ragione, Ask what you can do, dovrebbe essere uno slogan con cui la nostra classe dirigente dovrebbe ambire a rompere con gli schemi del passato cercando di far emergere con delle nuove combinazioni politiche almeno una nuova valida alternativa a chi – legittimamente – deciderà di portare avanti le ragioni della continuità con l’opera dell’attuale amministrazione e di una visione politica che risale come minimo al 1995 se non al 1946.

Un’alternativa che, per essere propositiva e convincente, non dovrebbe basarsi sulle ideologie politiche novecentesche o sul populismo che sta segnando questo secolo ma piuttosto offrire un’idea di Valdagno diversa da come la vediamo oggi. Su questo le opposizioni degli ultimi 29 anni hanno purtroppo fallito, provocando un dibattito locale sterile e privo di visione – capace di dedicare pagine di giornali e code di post sui social network su tematiche quali i bisogni degli animali ed evitando di affrontare tematiche quali ad esempio la diaspora delle nuove generazioni.

Un’alternativa che, oltre all’individuazione di una nuova figura di guida e di nuove competenze amministrative, possa segnare l’apertura di una nuova stagione di democrazia e partecipazione che rifugga le dinamiche di cooptazione proprie dei partiti e delle liste che non eleggono i propri leader con dei congressi o delle elezioni aperte e che consenta in modo credibile e coinvolgente a tutti i cittadini di esprimersi non solo ogni 5 anni sull’indicazione di chi li rappresenta in municipio ma anche con più continuità sulle diverse progettualità su cui la comunità, più o meno consapevolmente, è chiamata ad investire i proventi delle proprie tasse e del proprio lavoro.

Per quanto ho potuto conoscere la politica locale, mi sento di dover affermare a malincuore – essendomi sempre riconosciuto personalmente negli ideali riformisti e progressisti dei partiti democratici occidentali – che questa alternativa difficilmente potrà nascere nell’arco dei prossimi 12 mesi tra i protagonisti dell’attuale amministrazione, impegnati come sono a coltivare il proprio posizionamento in continuità con la Valdagno di sempre.

È altresì difficile che riusciranno a farlo le attuali forze di opposizione, che nonostante una partecipazione approfondita e preparata alle sedute dei consigli comunali che si sono tenuti negli ultimi 4 anni, hanno preferito accapigliarsi sui dettagli di proposte progettuali prive di visione anziché coinvolgere la cittadinanza in una nuova visione della città ed un nuovo modo di vivere la politica locale.

Anche per queste ragioni il messaggio di Kennedy, l’invito a domandarci che cosa possiamo fare noi per la nostra città, è più che mai valido. Non siamo nella situazione in cui può essere sufficiente aspettare che siano gli attuali protagonisti, a cui abbiamo dato finora fiducia in termini politici, a trasformare la Valdagno di oggi in quella di domani. E per via della carenza di confronto democratico e capacità progettuale, non potremo nemmeno credere in possibili homines novi che potranno esserci presentati al momento di una scelta elettorale.

Sulla scia di quanto successo il 15 Aprile, guardando non solo alle prossime elezioni del 2024, ma allo sviluppo ed al governo del nostro territorio nei prossimi 30 o 40 anni, è certamente auspicabile che da più parti possano nascere nuove modalità di confronto e gestione politica della nostra città. Modalità capaci di spingere la nostra visione ad affrontare non solo le sfide più facili ed alla portata, ma anche quelle più dure e più giuste per il destino della nostra comunità.

Marco Mari

33 anni, è co-fondatore ed amministratore delegato di Italia Innovation, società che si occupa di ricerca applicata ed alta formazione per lo sviluppo dell’economia manifatturiera.
E’ stato responsabile per l’innovazione digitale e creativa di Domori, azienda appartenente al Polo del Gusto – Gruppo illy, e direttore creativo in Fabrica, centro di ricerca del Gruppo Benetton.
Si è laureato in Scienze Giuridiche presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, attualmente sta perseguendo un Master in Relazioni Internazionali presso l’Università di Harvard negli Stati Uniti d’America.

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